Confessioni di un bugiardo

<Ma se Pinocchio dice: “ …E adesso mi crescerà il naso!”,poi cosa succede?>

L’idea che il progresso segua un percorso lineare, fatto di miglioramenti continui e direttamente consequenziali, credo che possa dirsi superata. Oh no, non scappate ancora. Non sto parlando di massimi sistemi, sto di nuovo parlando di me. Parlare del mio ombelico mentre fingo di parlare del mondo è uno dei miei più usurati talenti. In altre parole, è qualcosa che mi viene naturale fare, ma non per questo mi viene bene.

Non è un’introduzione invitante, lo so. Ma non lo è nemmeno rendersi conto, ad un certo punto della propria vita, di essere diventati degli essere umani peggiori di quel che si pensava di poter essere. Meschini, misantropi, pressappochisti ed opportunisti. Solitamente sono le qualità dei migliori di noi, quelli che in un qualche modo – forse proprio per merito di siffatte qualità – sono riusciti a rendere la propria vita migliore, fosse anche a costo di rendere peggiore quella degli altri. Agli altri, a noi che stiamo un gradino al di sotto di questa élite, possiamo aggiungere pigrizia, una generica mediocrità, una marcata tendenza al parassitismo emotivo, e come fonte inesauribile di motivazione ed energia psicologica: l’invidia. Invidiamo la felicità degli altri, prima ancora che gli oggetti che li rendono felici, saltando di proposito e a piè pari il fatto che abbiano dovuto fare degli sforzi e dei sacrifici, per ottenere quella felicità. Facciamo finta di ignorare il fatto che anche la felicità degli altri è monca, minorata delle sue potenzialità. Una felicità diversamente abile. Ma noi, niente: avanti a testa bassa a volerla per noi, quella felicità, che la nostra non vale un granché a confronto, e in fondo quel altro è una brava persona, io gli voglio bene, non soffrirà poi tanto se di tanto in tanto, ecco, gliene prendo un pezzetto di soppiatto.

E questo è per coloro ai quali si vuole almeno un po’ bene.

Agli altri riserviamo di netto l’odio per il loro privilegio di vivere quella vita, e non ci facciamo scrupoli a dirlo apertamente. Tanto certi siamo del fatto che troveremo l’appoggio di chi ci circonda, di chi condivide i nostri sentimenti civili e moderati. Perché noi tutti siamo, in fondo, delle persone perbene.

Quando è che siamo diventati così?

E’ successo ad un certo punto, appena finita la giovinezza. O forse è stata proprio la morte della nostra giovinezza a farci diventare così, a dispetto della nostra età anagrafica siamo morti dentro, inaridito il cuore ed esaurita l’energia degli slanci inutili e generosi. Quando abbiamo smesso di credere che il nostro voto conta qualcosa, e che le nostre idee potevano cambiare il mondo. Da lì in poi è stato tutto un succedersi di rate della macchina da pagare, bollette da saldare, i più fortunati un mutuo da rimborsare, nella speranza di riuscire a finirlo ed un bel giorno, quando saremo troppo vecchi per esserne contenti, avere una casa tutta nostra. Da lì in poi è stato una sequenza di amici che si sposavano o iniziavano una convivenza, felici e contenti prima di mettere al mondo i primi figli, intanto che gli ultimi completavano questa fase i primi già affrontavano le rapide in cui si sgretolano le fragili certezze dei propri sentimenti, come zattere troppo fragili.

Oppure no, è successo prima ancora, quando ancora adolescenti ci pensavamo ribelli e i nostri genitori, che già sapevano, ci stillavano goccia a goccia il veleno che alla fine, ci avrebbe ucciso dentro, e riportato all’ovile quel che restava di noi.

(Oppure non è successo mai: siamo solo stanchi di ribellarci, di voler cambiare il mondo o almeno la direzione delle nostre vite. Ed un bel giorno ci sveglieremo nuovi, vecchi ma di nuovo pieni di vita e forze, pronti per far fare un salto in avanti al mondo, e a quelli che nel mondo restano di noi.)