duemilaeventuno

Mi scopro fragile e spaventato dall’alba di un nuovo cambiamento. Stanco, persino. E di certo desideroso di avere una piccola gioia qualunque, egoistica forse. Ma la soddisfazione di poter rubare anch’io una mela dall’albero della vita, e mangiarla di nascosto dietro la siepe: un furto infantile che mi riempia la pancia, mi riporti il sorriso. E intanto mi lascio scivolare il tempo addosso, e non dovrei. Dovrei fare piani, progetti, contare e mettere in fila numeri, e non lo faccio perché ho paura dei risultati. Perché ho paura della crudeltà della matematica.

Eppure dovrò pur affrontare il futuro che mi si para innanzi: e smontarlo un pezzo per volta, e con quel pezzo costruirmi una casa per me.